quello che devi sapere per una campagna social professionale
studio, ricerca, analisi, progettazione
imprescindibile il “potere del visual"
per una corretta azione promozionale
Testo o foto? Dobbiamo partire da questa considerazione: un’immagine entra per oltre il 70% nella nostra memoria, mentre quello che leggiamo incide per poco più del 20%. Una foto, quindi, ha un riscontro che vale quasi tre volte tanto un testo. Si definisce “potere del visual”. Promuovere correttamente un territorio sui social significa disporre di una ampia cartella di belle immagini. Attenzione però alle foto protette da copy, qui si apre un capitolo a sé, regole e leggi importanti da conoscere se non si vuole incappare in violazioni di diritti d’autore. Ma torniamo al punto. Abbiamo appurato che la promozione territoriale di una località, o di un comprensorio turistico, passa obbligatoriamente attraverso belle fotografie. Sono le immagini che attirano l’attenzione dell’utente, anche di quello distratto, e che lo portano a soffermarsi sul post. Il testo non serve allora? Come no! Serve eccome, di complemento a quanto l’immagine esprime. Ad una foto che esalta i colori, il testo relativo deve essere conforme e sempre sintetico: il colore rossastro di una vegetazione autunnale deve essere ripreso nella descrizione, magari accompagnato da un emoticon conforme. Lo screenshot del post perfetto che segue potrebbe, per alcuni di voi, alzare qualche sospetto circa la mancanza di hashtag. Anche qui vale aprire una discussione a parte, in quanto l’autore di questo post ha voluto, prima ancora di altri aspetti, evidenziare la copertura dell’immagine da copy. L’obiettivo dell’immagine inserita nel post promozionale è quello di richiamare l’attenzione, destare sorpresa e meraviglia, portare ad un automatismo di pensiero “si, qui voglio andarci, questo posto voglio proprio andarlo a visitare”. Il testo che segue deve essere di massima accoglienza “vieni, ti aspettiamo per farti vivere le nostre tradizioni, per farti respirare questi colori…”. Nel caso il post riporti piatti e tradizioni enogastronomiche (ricordiamoci che questo è uno dei primi turismi del mondo), il testo dovrà essere conforme “vieni, ti aspettiamo per farti assaggiare la bontà dei nostri piatti tradizionali”. Bene, ora il nostro utente è servito! Ha già in mente cosa mettere nella valigia! TCI, in un recente rapporto sul Turismo, spiega come “la tecnologia ha ampliato a dismisura la possibilità di reperire informazioni, ha rivoluzionato il tradizionale concetto di intermediazione, ha ridotto conseguentemente l’asimmetria informativa tra produttore e consumatore, offrendo a quest’ultimo la possibilità di generare contenuti propri e di diffonderli in modo pervasivo attraverso gli strumenti social”. Questa affermazione attesta l’innegabile convergenza turismo/social media, ma non solo. Lo strumento social “ha favorito la nascita di community - continua il rapporto TCI - che, desiderose di praticare un turismo più immersivo e meno omologato, hanno fatto letteralmente esplodere il fenomeno dell’ospitalità tra privati che, solo in Italia nel 2016, ha riguardato quasi 6 milioni di persone. I dispositivi mobile e le app, hanno definitivamente trasformato la comunicazione e, in poco tempo, ha formato un turismo molto più competente, preparato e indipendente”. Un cambiamento epocale in tema di promozione, al quale nessuna azione di marketing territoriale può esimersi se vuole ritenersi corretta.
Sembra mille anni fa quando nelle riunioni di lavoro, sui piani di marketing territoriale da attuare, la discussione verteva su analisi di contesto (studio del territorio di riferimento, storia, risorse, flussi turistici, tipologia di offerta ricettiva), sul benchmarking, per analizzare competitor simili per storia, morfologia e relative azioni promozionali; a seguire analisi s.w.o.t per definire forze e criticità del territorio commmissionato. Infine si delineava la strategia d’intervento, analizzando possibili obiettivi generali e specifici, con le relative azioni da attivare. Preistoria. Per la maggior parte di chi opera nel marketing territoriale tutto questo è carta straccia, da accartocciare e cestinare. Grave errore. Vero, siamo nell’era della società liquida, in un tempo dove i mutamenti sono veloci e continui, dove l’economia mondiale gioca un ruolo più che mai determinante. Un tempo nel quale tutti fanno tutto, troppo spesso senza saperlo fare, senza averne necessarie competenze. E i risultati sono devastanti. Territori che perdono grandi fette di mercato, comprensori dal glorioso passato che si vedono superare da piccole realtà emergenti. A caso tutto questo? No, per niente a caso. Solo perché da una parte c’è un progetto pensato e strutturato, dall’altro improvvisazione e approssimazione, dilettantismo. La conoscenza del territorio e del suo mercato di riferimento è necessaria, sempre, anche in tempi di social. Facciamo finta, però, che abbiamo nel bagaglio, o a sostegno, queste competenze e questa consapevolezza, e torniamo quindi al tema social e leggiamo quanto segue.
1 . La scoperta Come possiamo promuovere qualcosa che non conosciamo? E sia chiaro che per conoscerlo non basta viverci o esserci stati molte volte, ma serve sapere la sua storia, le sue origini popolari, le sue tradizioni, la sua cultura… Prima regola, quindi, è andare alla scoperta del territorio che, se è la vostra città o provincia, iniziare a viverla come non avete mai fatto prima. Leggere e documentarsi (meglio sui libri che dal web, dove c’è scritto tutto e il contrario di tutto), andare per le vie e alzare lo sguardo, scoprire cose mai viste prima, in anni di vita vissuta in quelle piazze, in quei borghi. In sintesi, fate come quando andate in vacanza, magari con una bella guida Lonely o Routard, entrate nei bar e fate domande (vi prenderanno per matto perché vi hanno visto tutti i giorni ma chiedete cosa c’era in quel locale 50 anni prima, se c’è qualche anziano artigiano in zona o cose del genere. Rischiate pure di passare per matto, fa parte del lavoro…). Fermatevi a parlare con gli abitanti del posto, meglio i “vecchi”, la memoria storica dei luoghi. Scoprirete un’altra città, la vostra città diventerò molto più bella ed interessante anche per voi. Ecco, da quel momento siete il perfetto testimonial e promotore della vostra città, perché l’avete scoperta, conosciuta, ed iniziate ad apprezzarla e ad amarla come avreste mai pensato. 2 . Il coinvolgimento Lo sappiamo che il nostro territorio è molto bello, vero? Che una vacanza, un soggiorno qui è il desiderio di tutti? Bene, allora possiamo procedere con il coinvolgere amici e contatti nella diffusione e condivisione delle foto, dei racconti, delle offerte che proponiamo. Li nominiamo ambasciatori della nostra città, del nostro territorio. I modi per conquistarli sono tanti. Proponiamo loro di postare foto del loro soggiorno, di raccontare un episodio, un evento al quale hanno partecipato, una curiosità o un ricordo che li ha colpiti. Nel nostro progetto, o nel passato, si sono svolti educational o press tour sul territorio? Teniamo contatti con i blogger e giornalisti, inviamo loro foto e idee, iniziative e video, progetti e novità, tutto quello che riporta al nostro cliente, cioè al nostro territorio. Se non esiste ancora una pagina o un gruppo di questo luogo creiamolo ed invitiamo a partecipare tutti i nostri contatti e chiediamo ai nostri amici di portare dentro i loro. Il modo è importante, attenzione. Non così, a random, ma con un’azione pensata, dove l’invito è motivato, altrimenti passiamo per “frati cerconi” e non va bene. Qui li possiamo coinvolgere secondo le singole passioni, sportive, gastronomiche, enologiche, culturali o ambientali, etc… 3 . L’esperienza E’ diventata la parola d’ordine. La seconda regola è capire che cos’è il turismo esperienziale e proporlo. Il tempo delle vacanze si è ridotto, la fame di conoscenza è aumentata, la voglia di vivere nel più breve tempo possibile tutte le sfaccettature del viaggio è ormai di tutti. Il turista è diventato, fortunatamente, più viaggiatore, colui che vuole andare oltre la bellezza di un posto, scoprire cosa c’è dietro. E dietro c’è tantissimo, ma dobbiamo raccontarlo, perché agli occhi appare solo la superficie. Ecco perché diventa necessario lavorare sul territorio per “istruire” gli operatori in tal senso, per educarli ad essere, oltre che gentili ed accoglienti, anche un po’ dei “raccontastorie”. Le esperienze iniziano da dove si alloggia, dal bar dove ci si siede per una birra, per un caffè, per un drink… Continuano quando siamo seduti a tavola della trattoria, del ristorante, dell’agriturismo, per spostarsi poi nell’azienda agricola che produce il formaggio tipico, nella cantina dove ci fermiamo a comprare il vino, nella bottega dove scegliamo l’oggetto di artigianato locale che sia un ricordo del viaggio. E qui, in ognuno di questi luoghi, dobbiamo “raccontare storie”, di gente, di mestieri, di episodi, perché così trasferiamo emozioni, incidiamo nella loro memoria, lasciamo una traccia. Le esperienze sono anche semplici passeggiate, una biciclettata, panorami, murales, scalinate, edifici, ogni cosa può essere un’esperienza, un’emozione, basta che venga raccontata. Meglio se da una persona, ovviamente, dal ristoratore, dal barista, dall’affittacamere o dall’albergatore, dal cantiniere o dall’agricoltore, ma in mancanza di questo, o comunque a supporto, da documenti che parlano del posto, dei suoi scorci, della storia di quel palazzo, della natura nella quale sei immerso. Offrire esperienze, è il modo più bello ed efficace per conquistare il nostro visitatore. E i social cos’hanno a che fare con tutto questo? In questo modo avremo un promotore in più, una persona, una coppia, una famiglia che, a loro volta diventeranno nostri sostenitori, parleranno del loro soggiorno, mostreranno le foto dei nostri luoghi e… le pubblicheranno sui canali social! come si suol dire… “ci faranno pubblicità gratis”. 4 . Brand territorio e city branding Appare a tutti normale e scontato parlare di brand quando è affiancato ad un’azienda di moda o di profumi, sicuramente meno quando quando l’accostamento riguarda una città, un museo, un territorio. In effetti il concetto di brand turistico è più recente e si inserisce in un contesto di marketing territoriale. Ancor più recente, soprattutto per il nostro belpaese, è il city branding, per molti ancora un perfetto sconosciuto. Andiamo per ordine. Sappiamo che l’economia del turismo in Italia registra numeri davvero importanti, sebbene ancora sottosviluppati se paragonati al vero potenziale. Tuttavia il PIL di questo mercato che, come scrive Il Sole24 Ore in un pezzo di Marzio Bartoloni, è il petrolio d’Italia, si attesta al 13%, con un giro di oltre 360 milioni di notti trascorse qui dai turisti stranieri (dato di ottobre 2019) e con un numero in crescita del 4,4% che ha portato la spesa dei viaggiatori internazionali a 40 miliardi, registrando un +6% rispetto all’anno precedente, poi arriverà il Covid19 (ma questa è un’altra storia). Da qui la consapevolezza che il turismo è una delle più grandi risorse economiche del nostro paese, oltre ad un movimento culturale che si riflette positivamente anche in chiave sociale. Necessario è quindi considerare che ogni suo piccolo gioiello, paese, comprensorio, borgo appartenente ad un’offerta turistica la più ampia e variegata al mondo, tra mare e montagna, città d’arte e laghi, colline e località termali, rappresentino un vero e proprio prodotto capace di creare economia e benessere. Motivo per cui deve essere veicolato come tale, con la sua identità precisa e identificativa, considerando che il fattore vincente per la veicolazione di un territorio sono le sue tipicità alimentari, gli elementi artistici e caratteristici del borgo, l’aspetto paesaggistico ed ambientale, i luoghi della storia e della cultura tra musei, castelli, siti, tutti componenti che elevano la qualità dell’offerta, quindi del brand. E il city branding? questo lo vediamo in un capitolo a parte, già di brand, per ora, ne abbiamo fatto una buona scorpacciata, non trovate? 5 . La fidelizzazione Detto e fatto tutto questo vogliamo rischiare di disperderlo, considerando concluso il nostro lavoro? Certo che no! L’ultima fase, quella del fiocco sul dono, si chiama fidelizzazione. Un ultimo passaggio assai importante per capitalizzare il lavoro precedente. L’obiettivo è stringere un’accordo spontaneo con gli utenti, fare in modo che si affezionino al nostro territorio, integrarli e renderli partecipi al punto di sentirselo proprio, di esserne parte. Si chiama brand loyalty e per renderlo efficace ci sono, anche qui, strumenti specifici che rispondono ai nomi di contest, instawalk e community che sono… anzi, che vedremo in un articolo dedicato. ©Roberto Roby Rossi